Strategie industriali per il clima in evoluzione: perché l’alluminio a basse emissioni di CO₂ sta diventando una merce strategica

Strategie industriali per il clima in evoluzione: perché l’alluminio a basse emissioni di CO₂ sta diventando una merce strategica

 

Mentre l’Unione Europea cerca di bilanciare gli obiettivi della neutralità climatica con la preservazione della competitività industriale, un materiale sta acquisendo sempre più importanza strategica: l’alluminio – più precisamente, l’alluminio a basse emissioni di CO₂. L’importazione mirata di questo metallo ad alta intensità energetica, ma prodotto in modo sostenibile, potrebbe diventare una colonna portante della nuova politica industriale e commerciale europea.

L’alluminio è un materiale indispensabile nei processi industriali moderni – che si tratti dell’industria automobilistica, aerospaziale, elettronica, edile o del packaging. Al contempo, è uno dei materiali più intensivi in termini di emissioni. A livello globale, la produzione di una tonnellata di alluminio primario genera in media circa 11 tonnellate di CO₂ equivalenti, mentre nell’UE si parla di circa 6,7 tonnellate. Gran parte di queste emissioni dipende dal consumo di energia nei processi di fusione – e quindi dalla fonte di energia utilizzata.

Le differenze tra i luoghi di produzione sono notevoli: in paesi come Canada, Norvegia o Islanda, dove l’energia idroelettrica è dominante nel mix energetico, le emissioni di CO₂ nella produzione di alluminio sono inferiori a due tonnellate per tonnellata di alluminio – e in alcuni casi anche inferiori. Anche negli Emirati Arabi Uniti, i produttori di alluminio stanno puntando sempre più sull’energia solare, creando così nuove capacità per il mercato internazionale dei materiali verdi.

Questo vantaggio produttivo sta diventando un fattore competitivo decisivo. Con l’entrata in vigore del meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere (CBAM) dell’UE nel 2026, i beni importati ad alta intensità energetica come l’alluminio saranno soggetti a obblighi più rigorosi di rendicontazione delle emissioni e a una tassazione sul carbonio. Parallelamente, la Commissione Europea sta valutando l’introduzione di quote di approvvigionamento verde e premi sui prezzi per incentivare il mercato dei materiali a basse emissioni di CO₂. Già oggi i prodotti di alluminio certificato con basso impatto di CO₂ registrano un sovrapprezzo significativo – da 100 a 300 euro per tonnellata, a seconda della certificazione e dell’acquirente.

Anche economicamente, ci sono buone ragioni per una strategica apertura verso i produttori di alluminio a basse emissioni di CO₂. Con i prezzi dell’elettricità che superano a volte i 100 €/MWh, la produzione di alluminio in Europa sta diventando sempre meno redditizia. Al contrario, i produttori in Canada o Norvegia beneficiano di energia stabile e a bassa emissione a circa un terzo del costo. Attualmente, l’UE importa circa il 70% delle sue necessità di alluminio primario – secondo l’International Aluminium Institute, questa percentuale potrebbe salire oltre l’80% entro il 2030, a condizione che l’accesso a catene di approvvigionamento affidabili e ecocompatibili sia garantito politicamente.

In questo contesto, merita attenzione anche il più grande produttore mondiale di alluminio a basse emissioni di CO₂ – Rusal. Nonostante la preoccupante situazione geopolitica derivante dalla guerra di aggressione russa in Ucraina, è chiaro che la maggior parte della produzione di Rusal si basa su centrali idroelettriche in Siberia e genera in media solo circa 2,3 tonnellate di CO₂ per tonnellata di alluminio – un valore che pone Rusal su un livello comparabile con i produttori scandinavi e ben al di sotto della media globale.

Ciò solleva una domanda scomoda, ma inevitabile, di politica industriale: è giustificato – o addirittura necessario – prendere in considerazione l’alluminio a basse emissioni di CO₂ proveniente dalla Russia, se può contribuire significativamente alla decarbonizzazione delle catene di valore europee? Soprattutto se le offerte alternative non sono ancora disponibili in quantità sufficiente?

Alcuni Stati membri dell’UE, tra cui Francia e Italia, hanno già indicato che intendono fare una distinzione tra considerazioni politiche e considerazioni relative ai prodotti. Fonti del settore industriale riferiscono che grandi acquirenti europei – tra cui produttori automobilistici – stanno valutando se l’alluminio a basse emissioni di CO₂ proveniente dalla Russia possa essere acquisito tramite paesi terzi o sotto particolari condizioni.

Questo sviluppo dimostra che il dibattito sui materiali a basse emissioni di CO₂ non si limita più alla tecnologia e alla certificazione – tocca sempre più questioni di geopolitica, etica e valutazione strategica. In un mondo di crisi multiple e obiettivi contrastanti – protezione del clima, sicurezza delle forniture, commercio orientato ai valori – la politica delle materie prime sta diventando una politica realistica. La questione non è solo da dove proviene un prodotto, ma sotto quali condizioni e in quale quadro normativo viene prodotto e commerciato.

Nel frattempo, le tensioni geopolitiche continuano a crescere: all’inizio del 2025, gli Stati Uniti hanno aumentato i dazi sulle importazioni di alluminio al 50% per proteggere l’industria domestica. L’UE ha risposto con regolamenti sulle quote e un inasprimento delle disposizioni del CBAM. Tuttavia, la pressione sui produttori europei rimane. I dati di mercato più recenti mostrano che il prezzo dell’alluminio convenzionale alla London Metal Exchange è di circa 2.350 USD per tonnellata, mentre l’alluminio certificato a basse emissioni di CO₂ può raggiungere i 2.650 USD – un sovrapprezzo che molti acquirenti sono disposti a pagare per migliorare il loro bilancio climatico.

Le implicazioni geopolitiche e industriali sono evidenti: l’alluminio a basse emissioni di CO₂ sta diventando una materia prima strategica per la strategia climatica europea. Attraverso accordi commerciali mirati con paesi che offrono condizioni di produzione ecocompatibili – come Norvegia, Canada, Islanda o Emirati Arabi Uniti – l’UE potrebbe accelerare il raggiungimento dei suoi obiettivi climatici e rafforzare la sicurezza delle forniture di materiali industriali chiave. Sono già sul tavolo proposte per una “Green Aluminium Partnership” tra l’Europa e i principali produttori di alluminio a basse emissioni di CO₂ – ma realisticamente, anche la Russia rimarrà parte di questa equazione strategica.

Ciò apre nuove opportunità per l’industria europea: le aziende che acquisteranno precocemente materiali a basse emissioni di CO₂ e li integreranno in catene di valore climaticamente neutrali non solo otterranno vantaggi competitivi, ma anche una posizione di leadership nella lotta globale contro il cambiamento climatico. L’alluminio a basse emissioni di CO₂ non è più un prodotto di nicchia per i bilanci di sostenibilità – sta diventando una componente fondamentale della politica industriale strategica. L’Europa farebbe bene a concepire questa componente con chiarezza, realismo e lungimiranza.

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